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«Da qui me ne andrò solo da morta»: a sfratto in corso, minaccia il suicidio. E allestisce la sua camera ardente

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«Da qui non me vado: in questa casa io e mio marito viviamo dall'81 e qui sono sempre vissuti anche i miei genitori. Qui c'è tutta la mia vita, tutti i miei ricordi». Laura, nome di fantasia, è una bella signora poco più che settantenne. Una che per dieci anni ha curato la mamma malata di Alzheimer ed oggi rivolge le sue attenzioni di volontaria in una casa di riposo di Pinerolo. Lei, da quel grande alloggio di Via Nazionale, non lontano dalle scuole di Abbadia Alpina, non vuole andarsene, nonostante uno sfratto ormai esecutivo. Proprio questa mattina è arrivato l'ufficiale giudiziario. 

Laura ieri aveva preparato tutte le sue cose. Disposto su letto la biancheria che vuole indossare nella bara. C'è tutto, come in una camera ardente che si rispetti: una bella camicia bianca, un paio di pantaloni eleganti, la biancheria intima immacolata. Tutto pronto. Ben riposto nei sacchettini giusti. Ha perfino già contattato l'Agenzia delle pompe funebri. Perchè Laura da lì vuole andarsene solo da morta. E il marito lo sa bene, perchè quella che ha sposato tanti anni fa è una donna determinata. Una che fa sul serio. «Volevo frequentare l'Accademia militare: volevo andare a West Point», confida Laura ai Carabinieri che questa mattina hanno cercato di convincerla che sono ancora in tanti ad aver bisogno di lei, che la vita val la pena di viverla anche se seduto in cucina c'è un ufficiale giudiziario pronto a firmare lo sgombero di quella casa grande, in cui ogni ricordo sta, ordinato, al suo posto. Giovani militari che per lei e il marito hanno saputo tirare fuori dolcezza e umanità. Encomiabili.

«Fin da piccola ho sempre avuto un'ammirazione incondizionata per Carabinieri e Vigili del fuoco: avevo ragione, vedevo lungo», sorride Laura. Ma la tristezza, mista a depressione, pesa sulle sue spalle. Spalle forti, «ma quando è troppo, è troppo». Quella di Laura e Michele è una storia che inizia nell'81, quando comprarono quell'alloggio per circa 200 milioni. L'atto però non fu mai chiuso, perchè mancava ancora una quota da saldare e in quel momento Michele, travolto dal doloroso fallimento della sua ditta, l'intera somma non ce l'aveva. Nel luglio 2007 è arrivata una scrittura privata in cui Michele rinunciava all'acquisto dell'immobile e il proprietario si rendeva disponibile a restituire la cifra già versata (quantificata in 225mila euro). Oggi la situazione, di per sè assai confusa e complicata pure dal succedersi di più legali, ha del paradossale: nonostante quel documento scritto, nulla risulta essere stato restituito a Laura e Michele che oggi, anzi, sono alle prese con uno sfratto in corso. Stamattina, per scongiurare il peggio, oltre agli avvocati di entrambe le parti, sono arrivati i sanitari del 118 e l'assistente sociale del Ciss. C'era anche il figlio del proprietario, che si limita  dire: «Mio padre qui continua a pagare Imu, spese di riscaldamento e di condominio. Sono in due, cosa ne fanno di un alloggio da 200 mq? Possono trovarsi un monolocale». Laura e Michele ora sono stati accompagnati all'ospedale Agnelli per accertamenti. L'ufficiale giudiziario ha contattato telefonicamente un loro parente che si è detto disposto ad aiutarli a trovare un alloggio. Lunedì se ne riparla. Per ora la tragedia, annunciata, è stata evitata. In foto, la Chiesa parrocchiale di S. Verano ad Abbadia Alpina.

Lucia Sorbino
«Da qui me ne andrò solo da morta»: a sfratto in corso, minaccia il suicidio. E allestisce la sua camera ardente
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Un pinerolese a processo con la madre di Matteo Renzi?

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Toccano anche il Pinerolese, seppur tangenzialmente, i guai giudiziari che vedono coinvolta la famiglia di Matteo Renzi. Questa mattina il giudice per l'udienza preliminare Emanuela Dufour del Tribunale di Cuneo, dovrà decidere se mandare a processo Laura Bovoli, madre dell'ex premier, e Paolo Buono, residente a S. Secondo. Sono accusati di concorso in bancarotta fraudolenta e dalse fatture in relazione per una vicenda legata al fallimento della Direkta, ditta di volantinaggio cuneese fallita nel 2014. Vedremo cosa deciderà gup in merito alla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura fin dall'autunno scorso.  Altri particolari su L'Eco del Chisone in edicola, disponibile anche in versione digitale.

Un pinerolese a processo con la madre di Matteo Renzi?
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Cuneo: un pinerolese a processo con la madre di Matteo Renzi

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Rinvio a giudizio per tutti e tre gli imputati: questo ha deciso oggi la giudice dell'udienza preliminare Emanuela Dufour che ha ritenuto che la richiesta della Procura (pm Attilio Stea) fosse meritevole di approfondimento davanti al Tribunale. Il processo a carico di Laura Bovoli, madre dell'ex premier Matteo Renzi, e dei due coimputati, il pinerolese Paolo Buono, residente a S. Secondo, e Franco Peretta, di Rivalta Bormida, comincerà mercoledì 19 giugno (ore 9 in Aula A, al primo piano del Palagiustizia cuneese). Sono chiamati a rispondere di concorso in bancarotta fraudolenta e false fatture in relazione ad una vicenda legata al fallimento della Direkta, ditta di volantinaggio fallita nel 2014.

Cuneo: un pinerolese a processo con la madre di Matteo Renzi
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A processo il presidente di una onlus pro disabili

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Guai giudiziari e fiscali per Il morettese Raffaele De Santis, presidente della Santa Monica onlus, che da anni si occupa di assistenza ai disabili. Secondo gli inquirenti (le indagini sono state condotte dalla Guardia di Finanza di Fossano, coordinata dalla Procura di Cuneo) nel suo negozio di Moretta vendeva capi d'abbigliamento che note ditte regalavano alla sua associazione per scopi di beneficenza, e poi si intascava gli introiti. Processo a maggio: deve rispondere di truffa e appropriazione indebita. Prima però dovrà incontrare i funzionari dell'Agenzia dell'entrate, che gli contestano decine di migliaia di euro di evasione. Lui si professa innocente: «Mi difenderò come non mai. Sono onesto, serio e corretto». Tutti i particolari su l'eco del chisone da oggi in edicola, disponibile anche in versione digitale.

A processo il presidente di una onlus pro disabili
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Pinerolo: l'imprenditore Elmo Bianciotto resta in carcere

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Niente affidamento in prova: Elmo Bianciotto resta in cella. Ieri, venerdì 8, il Tribunale di Sorveglianza ha sciolto la riserva disponendo la revoca della misura alternativa al carcere che gli era stata sospesa. Per il noto imprenditore pinerolese l’arresto è scattato nella mattinata di domenica 10 febbraio su disposizione dei magistrati di Sorveglianza. Un ordine esecutivo di una sentenza risalente al 10 maggio 2017, quando venne condannato a 3 anni di reclusione per una lunga serie di reati fiscali e fallimentari (su tutti, due bancarotte fraudolente). Al tempo evitò il carcere, proprio grazie alla concessione dell'"affidamento in prova" di cui avrebbe però disatteso le  prescrizioni. Da qui la sospensione del beneficio che ormai quasi un mese fa l’ha portato in cella.  Martedì scorso, 5 marzo, era fissata l'udienza per la pronuncia definitiva del giudice che, fino a ieri, si è riservato la decisione. Ora la sospensione si è trasformata in revoca e Elmo Bianciotto resta in carcere.

La vasta indagine che lo vede attualmente coinvolto (condotta dalla GdF di Orbassano col coordinamento del pm Giuseppe Riccaboni) ha già portato a perquisizioni nelle sue abitazioni, dove gli inquirenti avrebbero sequestrato molto denaro (si tratterebbe di cifre intorno ai 150-200mila euro). A difenderlo, gli avv. Gaetano Piermatteo e Luca Paparozzi.

Lucia Sorbino
Pinerolo: l'imprenditore Elmo Bianciotto resta in carcere
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Pinerolo

Bobbio Pellice: baite alpestri, passaggio storico

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Quanto deliberato venerdì scorso in consiglio comunale a Bobbio Pellice in merito alle baite alpestri, costituisce un passaggio storico per l'alta Val Pellice. Innanzi tutto la decisione presa dall'amministrazione di non ricorrere in Appello contro le due sentenze del Tribunale di Torino, a favore dei privati che hanno fatto causa al Comune per il riconoscimento del diritto di proprietà sulle baite costruite in passato nella Conca del Prà e poi ristrutturate. Conseguentemente la decisione di dare puntuale applicazione ai principi di diritto contenuti nelle sentenze in riferimento a tutti i soggetti utilizzatori delle baite, così come risultano dall'attuale Catasto baracche alpestri e dal vigente Regolamento baite. Di fatto - come si può desumere dalla delibera qui allegata - questo significa il riconoscere a tutti gli interessati il diritto di superficie. Approfondimenti su L'eco in edicola la prossima settimana.

Bobbio Pellice: baite alpestri, passaggio storico
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Bobbio Pellice

Caso Jahier: sequestrato e sgomberato l'alloggio di Corso Torino a Pinerolo

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Nel primo pomeriggio di oggi la Finanzaè tornata (e non è la prima volta) a casa di Paolo Jahier, ben noto commerciante di auto di lusso. «È stato effettuato lo sgombero derivante da un sequestro cautelativo che rientra nelle misure di prevenzione proposte a metà dello scorso anno dalla Procura di Torino»: l'avvocato Sandro Adorno conferma così la "visita" dei Finanzieri a casa del suo assistito, che ha dunque dovuto lasciare l'appartamento di Corso Torino 84 a Pinerolo. Quello che fino ad un paio d'anni fa ospitava lo Studio del rag. Beniamino Costantino e che poi, a seguito dei guai giudiziari del discusso tributarista, fu messo all'asta ed acquistato dalla Granata Trade, società con sede a Praga, nel cui consiglio di amministrazione c'era pure Ermanno Jahier, padre di Paolo. «Il rilascio dell'alloggio (cui ora la GdF di Orbassano ha apposto i sigilli, ndr) era concordato per oggi e si è svolto in modo molto collaborativo», assicura il difensore. 

L'eclettico imprenditore non è nuovo alle aule di giustizia. L'ultima vicenda che lo vede coinvolto risale al 14 novembre  2018, quando fu condannato per bancarotta fraudolenta a 3 anni e 4 mesi (sentenza cui è già stato proposto appello dagli avv. Adorno e Wilmer Perga) in relazione a due società (entrambe con sede legale a S. Secondo) di cui era socio unico: la Er.Luc, fallita il 12 gennaio 2017, e la Gold Car srl. La novità è che anche quest'ultima è recentemente stata dichiarata fallita, questa volta su richiesta del pm Ciro Santoriello che ha coordinato un'ampia indagine della Guardia di Finanza che avrebbe fatto emergere debiti erariali per circa 2 milioni di euro. Come si può leggere dalla visura, la Gold Car era attualmente intestata al padre Ermanno. La data di liquidazione è il 7 febbraio scorso: curatore fallimentare, la dott. Ilenia Mazzeo di Orbassano.

Per Jahier però i guai non sono finiti: anzi, pare che la matassa si intrichi sempre più. La scorsa estate il procuratore aggiunto Cesare Parodi ha aperto un nuovo fascicolo con l'ipotesi di riciclaggio e mercoledì 7 ha già interrogato il pinerolese, fresco di rientro da Cuba. In quel quadro il pm aveva pure proposto le misure di prevenzione, ritenendo Jahier "socialmente pericoloso". «È tutto da discutere - ribatte Adorno - se ne parlerà nell'udienza del 17 aprile». In quella sede i giudici valuteranno le richieste della Procura. Vedremo se daranno seguito alla misura, sia sotto il profilo personale che patrimoniale (con conseguenti confische). 

Nella foto, i Finanzieri mentre escono dal portone di Corso Torino 84. 

 

Lucia Sorbino
Caso Jahier: sequestrato e sgomberato l'alloggio di Corso Torino a Pinerolo
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Operazione "Carminius": 'ndrangheta alle porte del Pinerolese

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Da questa mattina oltre 400 militari del Comando Provinciale di Torino e del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata di Roma della Guardia di Finanza, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo piemontese e il ROS dei Carabinieri di Torino, sono impegnati in una vasta operazione nei confronti di un sodalizio di matrice ‘ndranghetista radicato sul territorio piemontese. L'operazione, denominata "Carminius", ha già portato a 17 arresti e a sequestri di beni per oltre 45 milioni di euro. Gli investigatori del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Torino hanno ricostruito l’operatività di una ‘ndrina esercitante un controllo capillare su un territorio che dal Comune di Carmagnola si estende sino ai confini della Provincia di Cuneo. Vale a dire, alle porte del territorio pinerolese. In allegato, il comunicato stampa appena diramato dal Comando provinciale della Guardia di Finanza di Torino. Foto di repertorio.

Operazione "Carminius": 'ndrangheta alle porte del Pinerolese
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Pinerolo: botte alla convivente, nuovo arresto per "Enry King"

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Enrico Marchesi, classe '80, pinerolese di origini peruviane, è stato arrestato ieri dai carabinieri della Compagnia di Pinerolo per i continui maltrattamenti nei confronti della convivente. Ormai da mesi si accaniva con minacce verbali e percosse sulla ragazza, un'italiana di 21 anni. Ieri sera la giovane, dopo essere stata colpita dal compagno con un pugno al viso, ha trovato il coraggio di chiamare i carabinieri. Giunti sul posto i militari lo hanno arrestato e condotto in carcere al Lorusso e Cutugno di Torino. La donna è stata trasportata in ospedale a Pinerolo dove è stata medicata e trattenuta dai medici. 

Marchesi è un volto noto alle Forze dell'Ordine. Attualmente è in corso il processo in cui, insieme ad altre 5 persone, è chiamato a rispondere di sfruttamento della prostituzione minorile nell'ambito di una maxi inchiesta denominata "Tacco 12" (che il 21 marzo ha già portato alla condanna di Mario Ginatta, figlio del patron della Blutec, accusato di aver pagato una minorenne per una prestazione sessuale). Secondo gli inquirenti, coordinati dal pm Dionigi Tibone, Marchesi, nome d'arte "Enry King", avrebbe avuto un ruolo chiave in un presunto giro di baby squillo in vari locali notturni del Torinese: sarebbe infatti proprio lui quello che "selezionava" le ragazze, quasi tutte tra i 15 e i 17 anni. Lui ha sempre respinto le accuse sostenendo di essersi limitato ad offrire ingaggi come ragazze immagine e "tavoline" e di non «aver mai operato a sfondo sessuale». Il processo, iniziato il 22 febbraio, si sta svolgendo davanti ai giudici della Terza sezione penale. Tra mercoledì e giovedì si sono tenute due udienze: visto il nuovo arresto, il 3 aprile Marchesi potrebbe tornare in aula da detenuto.

 

L.S.
Pinerolo: botte alla convivente, nuovo arresto per "Enry King"
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Sequestrate le aziende dei fratelli Bianciotto

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Gli uomini della Guardia di Finanza del Gruppo di Orbassano, su ordine della procura di Torino, oggi hanno messo sotto sequestro le aziende dei fratelli Elmo e Diego Bianciotto. I due noti imprenditori, attualmente detenuti al Lorusso-Cotugno, sarebbero al centro di una nuova inchiesta giudiziaria, in cui, vista la specializzazione del magistrato inquirente e la consistenza dei sequestri già eseguiti, parrebbe profilarsi l'ipotesi di riciclaggio internazionale. In questo quadro rientrerebbero i sigilli apposti sul deposito di mezzi militari alle porte di Pinerolo (nei giorni scorsi visitato pure dai ladri) e sull'Eurostock di Roletto (nella foto). Su l'eco del chisone da domani in edicola, altri dettagli. 

Lucia Sorbino
Sequestrate le aziende dei fratelli Bianciotto
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Dopo il sequestro, nuovi particolari sulle indagini a carico dei fratelli Bianciotto

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È un giro di affari (molto) sporchi, quello che pian piano pare delinearsi dalle carte degli inquirenti. Al centro, sempre loro: i fratelli Elmo e Diego Bianciotto, entrambi attualmente detenuti. Dopo il sequestro disposto dal Tribunale di Torino la scorsa settimana, su aziende, conti correnti e beni, nuovi particolari emergono dall'indagine sui due noti imprenditori pinerolesi (con villa a San Pietro Val Lemina), a più riprese coinvolti in importanti vicende giudizairie. Ora però non si tratterebbe "solo" di reati tributari e fallimentari (su tutto bancarotte e un'evasione milionaria), perchè sembrano farsi strada nuove ipotesi di reato come l'autoriciclaggio e il riciclaggio internazionale, con società ramificate in mezzo mondo, paradisi fiscali compresi. «Non è tutta farina del loro sacco», avverte il difensore, avv. Gaetano Piermatteo, che proprio in queste ore sta studiando gli atti. Intanto la Guardia di Finanza, gruppo di Orbassano, col ccordinamento del pm Riccaboni, procede la sua incessante attività investigativa. E venerdì prossimo, 19 aprile, il fratello maggiore Elmo (raggiunto nel frattempo da una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere) sarà a processo: deve rispondere di violazione della normativa sulla vendita di armamenti. Ampio servizio su l'eco del chisone da questa mattina in edicola, disponibile anche in versione digitale. Nella foto, il provvedimento di sequestro affisso sul cancello dell'Eurostock di Roletto.

Lucia Sorbino
Dopo il sequestro, nuovi particolari sulle indagini a carico dei fratelli Bianciotto
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Riciclaggio internazionale: terzo arresto e nuovi guai giudiziari per la famiglia Bianciotto

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Meno di quattro mesi e Roberta Camusso, classe ’72 e residenza a S. Pietro V. Lemina, ha seguito ancora una volta il destino del marito, Elmo Bianciotto. Proprio oggi, la donna è stata infatti condotta in carcere a Torino per aver violato le prescrizioni imposte dal Tribunale di Sorveglianza relative ad una condanna del 10 maggio 2017.  Al tempo la Camusso aveva patteggiato 2 anni e 20 giorni, Elmo 3 anni e il fratello Diego Bianciotto 2 anni, un mese e un giorno, per reati tributari e fallimentari (tra cui false fatture e due bancarotte fraudolente). Tutti però avevano evitato il carcere grazie al beneficio dell’affidamento in prova, una misura alternativa subordinata al rispetto di determinate disposizioni. Quelle che i Bianciotto hanno invece disatteso finendo così dietro le sbarre: il primo (in carcere ad Alessandria) fu arrestato il 10 febbraio, Diego il 9 marzo ed oggi è toccato alla donna. Tutti dovranno scontare l’intera pena in cella.

 

È dunque di oggi l’ultimo atto di una vicenda giudiziaria assai complessa, di cui L’Eco del Chisone ha dato puntualmente conto.  Un puzzle intricato, in cui si annodano non solo bancarotte e colossali evasioni fiscali, ma  anche reati di altra natura. La recente condanna di Elmo a un anno di reclusione per traffico d’armi, va solo a complicare ulteriormente un quadro “famigliare” già assai compromesso. Tutti e tre sono infatti indagati, insieme ad un commercialista milanese, per una pesante ipotesi di autoriciclaggio aggravato dalla transnazionalità (in altri termini, riciclaggio internazionale).  Guardia di Finanza di Orbassano e Procura di Torino (pm Giuseppe Riccaboni), grazie ad un’attività investigativa durata quasi due anni e basata tra l’altro su intercettazioni, perquisizioni e copie forensi di mail e computer, hanno ricostruito la provenienza del patrimonio dei Bianciotto, accumulato proprio attraverso la commissione dei reati (evasioni, fallimenti e bancarotte) già accertati nel 2017. Ne è emerso uno spaccato inquietante, che parte da Pinerolo per ramificarsi in mezzo mondo, da Londra ai paradisi fiscali di Panama e delle Isole Cayman.

 

Nell’ambito di questa articolata inchiesta, il giudice Giacomo Marson in aprile aveva disposto il blocco dell’intero patrimonio facente capo ai noti imprenditori e alle loro società. Tra i beni messi sotto sequestro, per complessivi 3 milioni di euro, risulterebbero due società, immobili, auto di lusso, uno yacht e conti correnti accesi tra Ungheria, Romania, Malta e Panama. Quanto al solo Elmo, il giudice ha pure firmato un'ordinanza di custodia cautelare in carcere (e non ai domiciliari). 

 

Nel mirino degli inquirenti, sono finite anche la fratelli Bianciotto srl (già implicata in una precedente indagine e dichiarata fallita nel marzo 2018) e la Pld srl, titolare del deposito di mezzi di militari di Via Poirino a Pinerolo e l’Eurostock di Roletto. Le verifiche fiscali delle Fiamme gialle avrebbero portato all’accertamento di incassi non dichiarati per oltre 18 milioni di euro, più svariate altre  irregolarità, per un totale di imposte non versate all’Erario sui 7 milioni di euro. Da qui la denuncia ora al vaglio della Procura.

 

Ma non è tutto perchè gli accertamenti iniziali sul deposito di mezzi del rotondone lasciano aperti importanti interrogativi. Un esempio? Quell’area ha una destinazione agricola e allora è legittimo chiedersi se i Bianciotto avessero o meno l’autorizzazione alla vendita di materiali e non solo al deposito. «Stiamo ricostruendo la situazione per fare una fotografia dettagliata sullo stato dei fatti, anche sotto il profilo autorizzativo - precisa il sindaco Luca Salvai - Inoltre, abbiamo di nuovo scritto al Demanio per capire se si pare una finestra per acquisire l’area (da novembre confiscata, ndr) ed essere comunque informati sull’eventuale sua messa all’asta». In attesa che gli uffici municipali forniscano una quadro della situazione, c’è da credere che sulla vicenda ci saranno ancora importanti sviluppi. E nuovo lavoro per gli avv. difensori, Gaetano Piermatteo e Luca Paparozzi. Su L’Eco della prossima settimana, molti altri dettagli. 

Lucia Sorbino
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Val Chisone, assolto il pastore accusato di stupro e riduzione in schiavitù

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Dopo quasi quattro ore di Camera di Consiglio, i giudici della Corte d'Assise pochi minuti fa hanno emesso la sentenza: Fulvio Benedetto è innocente. Assolto da un'accusa pesante come un macigno: violenza sessuale di grupo e riduzione in schiavitù. Un'accusa per cui ha già patito le pene dell'inferno e da cui si è sempre dichiarato estraneo. «Sono innocente», ha sempre ribadito Benedetto, simbolo indiscusso del pastore errante. Un uomo conosciutissimo non solo in Val Chisone dov'era titolare dell'Alpeggio del Jouglard, nel Comune di Roure, non lontano dal Rifugio Selleries. Oggi Benedetto può tornare alle sue montagne a testa alta: i giudici della Prima Corte d'Assise lo hanno scagionato da quell'accusa, assolvendolo con formula piena: il fatto non sussiste. Un verdetto che ribalta le richieste avanzate dalla pm Elisa Pazé che per il pastore avrebbe voluto 9 anni di reclusione. Hanno pure stabilito la trasmissione degli atti alla Procura per valutare se Cristina F., la donna di orgini rumene che aveva denunciato Benedetto, e il suo attuale compagno, abbiano detto o meno la verità.  A difendere Benedetto, che come sempre questa mattina in Tribunale era accompagnato dalla figlia Sabina e dalla moglie Franca, l'avv. Aldo Mirate di Asti. Sul numero de L'Eco del Chisone in edicola domani, ampio servizio.

Lucia Sorbino
Val Chisone, assolto  il pastore accusato di stupro e riduzione in schiavitù
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Giaveno, ancora in fuga l'omicida di Anthonia Egbuna

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È irreperibile da sabato 13 il giavenese Daniele Ughetto Piampaschet (nella foto): dopo la recente pronuncia della Cassazione, che il 2 luglio ha confermato la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Torino (risalente all’11 ottobre 2018), la sua condanna a 25 anni di carcere per l’omicidio della giovane prostituta Anthonia Egbuna è ormai definitiva. Quando però i carabinieri hanno tentato di notificargli l'atto di carcerazione, di lui a Giaveno non c’era più traccia. Potrebbe essere nascosto nei boschi intorno al paese.
La storia per cui il quarantunenne già finì in carcere nel 2013, ed ora dietro le sbarre dovrà trascorrere un quarto di secolo, risale al 2012: il 26 febbraio di quell’anno il corpo di Anthonia venne trovato nel Po. Della ragazza, di cui Daniele Ughetto si era perdutamente invaghito, si erano perse le tracce  dal 28 novembre dell’anno precedente, quando il suo cellulare si era spento per sempre e nessuno, neppure il giavenese, l’aveva più cercata. Dopo mesi di indagini gli inquirenti erano arrivati a lui: un uomo dall’apparenza mite, ossessionato dall’Africa e dalle sue donne. Uno che aveva velleità di scrittore, che frequentava prostitute e scriveva di donne morte. Particolarmente significativo uno dei suoi racconti, "Il bracciale di corallo", inserito in un romanzo dal titolo che pare una profezia: "La febbre nera". Qui raccontava di una prostituta di colore uccisa a coltellate e poi gettata nel fiume. Proprio come la bella Anthonia. Per quella morte Ughetto in primo grado fu assolto, e poi condannato due volte in appello. Ora la Suprema Corte ha confermato. Lui però si è dato alla fuga: ora lo stanno cercando i carabinieri della Compagnia di Chivasso, competenti in quanto il cadavere di Anthonia venne trovato a S. Mauro.
 

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«Paolo Jahier? Sorvegliato speciale, ma non ricercato»: così i legali del noto commerciante di Pinerolo

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«Paolo Jahier non è ricercato, non ha alcun obbligo di presentarsi in Caserma e non rischia l’arresto»: l’avv. Wilmer Perga, che assiste il 54enne imprenditore pinerolese (tanto noto alle cronache giudiziarie quanto sconosciuto, o quasi, al Fisco), è categorico e replica con forza a quanto da noi scritto su L’Eco del Chisone da ieri in edicola in merito alla posizione del commerciante di auto di lusso. Il decreto della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Torino, seguito alla sentenza del giudice Alessandra Salvadori, venne notificato ai difensori (oltre a Perga, l’avv. Sandro Adorno) il 24 luglio. Un provvedimento assai severo, legato ad un’inchiesta del procuratore aggiunto Cesare Parodi su autoriciclaggio, usura e tentata estorsione, che ha disposto confische imponenti (conti correnti, immobili, società, veicoli e altri beni per un valore complessivo sui 2,5 milioni di euro) oltre alla misura di “sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per tre anni”. «Questo decreto, con le relative prescrizioni, è stato notificato - conferma Perga - ma gli obblighi decorrono dalla data di “sottoposizione”, che non c’è perchè Jahier non è mai stato trovato». Insomma, l'eclettico imprenditore è sì irreperibile, ma non ha alcun obbligo di presentarsi alle Forze dell’Ordine. Sono piuttosto gli uomini dell'Arma, su delega della Questura, a doverlo cercare per notificargli il “verbale di sottoposizione agli obblighi di sorveglianza”. Solo a quel punto, nel caso questi non vengano rispettati, scatterebbe la denuncia a piede libero. «In ogni caso non l’arresto in flagranza», smentisce Perga. Che assicura: «I Carabinieri non hanno fatto alcuna segnalazione in Procura».

Nella foto, la Gts cars di C.so Torino a Pinerolo. Con questa società, aperta a fine 2016 negli spazi dello storico Macumba, Paolo Jahier era attivo nella compravendita di automobili fino alla recente chiusura dell'autosalone. Oggi sulla Gts cars pende un fallimento su cui è attesa la pronuncia del Tribunale.

L.S.
«Paolo Jahier? Sorvegliato speciale, ma non ricercato»: così i legali del noto commerciante di Pinerolo
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Omicidio di Barge: chiesta la perizia psichiatrica

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L'avv. Davide Ambrassa, difensore di Daniele Ermanno Bianco, ha chiesto che il suo assistito venga sottoposto a perizia psichiatrica. Il 40enne bargese è accusato dell'omicido di Anna Piccato, pensionata di 70 anni barbaramente uccisa all'alba del 23 gennaio scorso in pieno di Barge, a poche decine di metri dalla sua abitazione. Il suo corpo fu ritrovato nei giardini adiacenti alla chiesa di S. Rocco (nella foto di Tevino). 

Già nel pomeriggio di quello stesso giorno, Bianco venne individuato e portato in caserma e per quel brutale delitto, perpetrato a colpi di chiave inglese, l'uomo era, ed è rimasto, l'unico indagato. Pochi giorni più tardi arrivò pure la sua confessione, anche se l'arma utilizzata per quella rapina finita nel peggiore dei modi non venne mai trovata. Ad incastrarlo c'erano però il Dna della vittima, rinvenuto su scarpe e zaino di Bianco, oltreché le immagini delle telecamere che avevano ripreso ogni suo spostamento. Rapidissime le indagini, nonostante si trattasse di un caso per nulla scontato, condotte dal pm di Cuneo Alberto Braghin. 

Per Daniele Bianco, detenuto nel carcere di Ivrea, il processo è partito proprio oggi, in Tribunale a Cuneo, con l'udienza preliminare, tenuta in Camera di Consiglio davanti al giudice Emanuela Dufour. Durata appena una ventina di minuti, è servita all'avv. Ambrassa per chiedere che Bianco venga valutato da uno psichiatra. La giudice si è riservata la decisione, rinviando all'udienza del 14 novembre (ore 13,30). A quel punto il difensore valuterà la scelta del rito. 

Parte civile, con l'avv. Francesco Bosco, il marito e le due nipoti della signora Piccato Oggi erano tutti presenti e visibilmente scossi. Forse per la prima volta si sono trovati faccia a faccia all'uomo che ha confessato di aver ucciso la loro cara "Anita".

 

L.S.
Omicidio di Barge: chiesta la perizia psichiatrica
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Gli educatori: «Bibbiano, una ferita non più rimarginabile»

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Sull’Eco del Chisone in edicola questa settimana, torniamo sul caso Bibbiano per offrire qualche elemento in più alla comprensione di una vicenda intricata e con molti lati ancora oscuri. "Angeli e Demoni", l'inchiesta della Procura di Reggio Emilia su un presunto giro di affidi illeciti in Val d’Enza è ancora aperta e dunque la cautela è più che mai d’obbligo. «Questa è un’indagine preliminare, fondata su ipotesi d’accusa: le prove dovranno essere portate a processo», puntualizza l’avv. Roberto Trinchero. È il difensore di Nadia Bolognini, psicologa, nonchè moglie di Claudio Foti. Anche per lei gli arresti domiciliari sono stati revocati. Sul nostro giornale, disponibile anche in versione digitale, ampia intervista a quattro educatori, in attività nel Pinerolese, che si sono formati nei master del Centro studi Hansel e Gretel, dunque con Foti e Bolognini. Poi la polemica tra il Partito democratico e gli assessori regionali Caucino e Icardi. In Regione, lunedì scorso si è cominciato a parlare di minori e presunti abusi nella gestione degli affidi: un’indagine conoscitiva a gran voce richiesta dalla maggioranza di centro-destra del Governatore Cirio. Peccato che proprio gli assessori competenti non fossero presenti. 

In foto, il Municipio di Bibbiano.
Lucia Sorbino
Gli educatori: «Bibbiano, una ferita non più rimarginabile»
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Pinerolo

Pinerolo, truffa e appropriazione indebita: ora il consulente del lavoro rischia il carcere

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Appello"inammissibile", dunque respinto. Si è appena conclusa l'udienza della Prima sezione penale della Corte d'Appello di Torino (presidente il giudice Franco Greco, relatore Maria Cristina Pagano, a latere Jaqueline Monica Magi) chiamata a valutare il ricorso contro la sentenza di primo grado che condannava Beniamino Costantino per truffa aggravata e appropriazione indebita (dall'accusa di evasione fu invece assolto). Era il 1 giugno dello scorso anno e la giudice Odilia Meroni aveva inflitto al noto tributarista e consulente del lavoro di Pinerolo una pena di 4 anni e 10 mesi.

 

Ora i giudici di secondo grado hanno stabilito che l'atto di impugnazione presentato dal difensore Simonetta Piras non è ammissibile e dichiarato l'immediata esecuzione del provvedimento. Tra 30 giorni avremo le motivazioni e poi il legale, che in tutti questi mesi ha tentato invano di mettersi in contatto col suo cliente (evidentemente poco spaventato perfino di fronte al rischio concreto di finire in carcere), potrà ricorrere per Cassazione contro la dichiarazione di inammissibilità pronunciata oggi dallla Corte d'Appello. Per le parti civili, «un ottimo risultato: abbiamo evitato il rischio della prescrizione», commenta l'avv. Silvia Reynaud che, col collega Andrea Cianci, ha rappresentato oltre la metà delle vittime delle truffe perpetrate dal ragioniere (una trentina tra privati e società). 

 

Ancora pendente invece, l'appello contro un'altra sentenza a carico di Beniamino. In questo caso si parla di evasione fiscale: il giudice era Giancarlo Capecchi e la pena comminata il 25 settembre 2018 era di un anno e 8 mesi. 

 

 

 

Lucia Sorbino
Pinerolo, truffa e appropriazione indebita: ora il consulente del lavoro rischia il carcere
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Peculato: assolto il poliziotto già condannato per stalking

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Assolto. È questa la decisione del giudice Irene Gallesio per Massimiliano Conte, 33 anni, agente della Polstrada di Torino, attualmente sospeso dal servizio. La sentenza -  emessa pochi minuti fa - ha ribaltato di fatto la richiesta del pm Mauro Crupi che aveva invocato una pena finale di 22 mesi. Il poliziotto era accusato di peculato, per i documenti di dubbia provenienza trovati nella primavera 2017 nella sua abitazione di S. Secondo.

Con l'udienza appena conclusa è stata dunque aggiunta una nuova pagina ad una vicenda che da due anni e mezzo alimenta le cronache giudiziarie non solo pinerolesi. Una storia che diventò di pubblico dominio nel marzo 2017, quando davanti ad alcune scuole del Pinerolese comparvero manifestini che infamavano pesantemente il titolare dell'Infinito Café di S.Secondo. Era l'ultimo atto di una serie incredibile di atti persecutori ai danni del barista, della sua famiglia e del locale di Via Val Pellice. L’indagine della Procura l'individuò come responsabile l’allora vicino di casa e di attività, Massimiliano Conte che venne arrestato, finì in carcere e lo scorso anno fu condannato a 2 anni e mezzo per stalking, diffamazione e danneggiamenti. Sentenza impugnata dal difensore, avv. Stefano La Notte, e su cui a fine mese è attesa la pronuncia della Corte d'Appello. Nella foto, il Tribunale di Torino.

 

Lucia Sorbino
Peculato: assolto il poliziotto già condannato per stalking
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San Secondo di Pinerolo

Matteo Salvini a processo a Torino per “vilipendio alla Magistratura”

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Aveva definito “stronzi” i magistrati che "male amministrano la Giustizia" e, in relazione ad un'inchiesta ligure sulle spese pazze dei politici, aveva parlato della Magistratura come una “schifezza e un cancro da estirpare”. Per queste parole l’ex Vice-Premier e Ministro dell’Interno Matteo Salviniè stato portato in Tribunale a Torino (su denuncia dell'ex procuratore Armando Spataro) e deve rispondere di “vilipendio alla magistratura”.

 

Oggi, martedì 5 novembre, si è conclusa la terza udienza davanti al giudice Roberto Ruscello (Sesta sezione penale). Salvini, a contrario di quanto assicurato in precedenza, anche in questa occasione non si è fatto vedere.

 

Claudia Eccher, avvocato del Foro di Trento che difende il leader leghista, ha comunque garantito che «il senatore si sottoporrà al vaglio dei giudici e non si avvarrà di alcuna guarentìgia o immunità».

 

I fatti oggetto del processo, fanno riferimento ad un discorso tenuto nel corso di un Congresso Federale (dunque limitato agli iscritti alla Lega) che si era svolto nel palazzetto di Collegno il 14 febbraio 2016, quando Salvini era europarlamentare. In totale, circa 3mila presenti.  Il giorno dopo, 15 febbraio, l'ex premier fu iscritto al registro degli indagati. Pochi giorni più tardi (26 febbraio) partì la richiesta di autorizzazione a procedere, concessa dal Ministero (dopo vari solleciti) solo il 9 ottobre del 2018: un lungo lasso di tempo, oltre 2 anni e mezzo, che però non verrà calcolato ai fini della prescrizione.

 

«Era un congresso politico in cui Salviniparlava al suo popolo, a suoi iscritti. La valenza offensiva delle parole– ribadisce la Eccher - va contestualizzata. Le dichiarazioni contestate di fatto sono legittime critiche ai giudici che fanno anche politica». Non per nulla il legale avrebbe voluto portare in aula un suo consulente tecnico (il prof. Fanfani, docente di linguistica all'Università di Firenze) per dimostrare la natura inoffensiva e non ingiuriosa delle frasi pronunciate in quell'occasione dal leader leghista. Richiesta che il giudice ha però respinto. In sostanza il processo si gioca tutto sul confine (peraltro neppure troppo sottile) che divide l’insulto dalla libertà di critica.

 

A condurre le indagini è il Pm Emilio Gatti. La prossima udienza è fissata il 10 dicembre alle 12.30 (aula 56). In questa occasione verranno mostrati spezzoni di video riportanti i momenti salienti del congresso e verranno sentiti i testi di Procura e difesa (in totale una ventina). Il Pm tra i vari elementi di prova porterà anche il certificato penale che attesterebbe un vecchio procedimento a carico dell’ex ministro per «dar modo al giudice di valutare la personalità dell'imputato». Sempre quel giorno, sarà sentito anche Salvini. Semprechè, avverte il difensore, «non si presentino nuovi e improrogabili impegni istituzionali».

 

 

Matteo Salvini a processo a Torino per “vilipendio alla Magistratura”
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Torino
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