Due anni e 20 giorni, già scontati di un terzo come vuole il rito abbreviato: questa la condanna decisa dal giudice del Tribunale di Asti Marco Dovesi per Giacomo Cusenza, il piastrellista 42enne di Pinerolo che il 2 giugno dello scorso anno aveva trafugato l’ampolla contenente parte del cervello del Santo dalla Basilica Inferiore di Castelnuovo don Bosco. La pm Laura Deodato, che aveva condotto le indagini e ne aveva chiesto il rinvio a giudizio per furto aggravato, avrebbe voluto 4 anni di reclusione e 800 euro di multa. Cusenza, difeso dall’avv. Giuseppe Beltramo di Alba, dopo il furto aveva nascosto la refurtiva in una teiera in rame (trovata dagli inquirenti ancora intatta, con tanto di sigilli apposti dai salesiani) dentro la credenza della sua cucina, a Pinerolo. Un paio di settimane dopo il colpo, confessò il furto ai carabinieri: aveva agito convinto di poter ricavare del denaro rivendendo il prezioso reliquiario, che credeva fosse in oro massiccio. A processo è emerso che avrebbe voluto chiedere ai Salesiani un riscatto da 50mila euro, per riconsegnare l’urna.
Rubò le reliquie di don Bosco: pinerolese condannato
Millantato credito: Ezio Bigotti assolto anche in Appello
Assolto anche in Appello: si è concluso così, pochi minuti fa, il processo a carico di Ezio Bigotti, noto imprenditore pinerolese, difeso dall'avv. Roberto Macchia. Era accusato di millantato credito, per una vicenda di anni fa, legata al passante ferroviario di C.so Grosseto, a Torino. In sostanza, le briciole di un'inchiesta su quel mega appalto (opera mai partita che dovrebbe collegare il passante ferroviario con la Torino-Ceres, destinazione Caselle) che nel maggio 2015 portò a sette iscrizioni sul Registro degli indagati. Per tutti, le pesanti contestazioni inziali furono arhiviate, ma per il solo Bigotti rimase un'ultima accusa: il millantato credito, appunto. Dopo l'assoluzione piena incassata in primo grado, oggi è arrivato anche il verdetto a lui favorevole della Corte d'Appello. I particolari su L'Eco domani in edicola.
Giaveno, omicidio dell'Aquila: vite sconvolte da una notte di follia. Il processo in Corte d'Assise
Nevicava fitto quella notte di metà gennaio dello scorso anno. Manuel Morisciano, col cugino Eric Romano e altri due coetanei, salì all’Alpe Colombino per due sgommate nel piazzale gelato dell'Hotel Aquila. Una tradizione immancabile per i giovani di Giaveno: alle prime nevicate si sale lassù. Quella sera però le cose andarono in modo diverso e presto il divertimento si trasformò in tragedia. Pochi minuti, sufficienti a cambiare per sempre i destini di tante famiglie. Lassù, in quella notte di neve, spuntarono spranghe e pistole. A terra rimase un motociclista degli Hells Angels, Alessandro Gino, poi morto dopo una settimana di agonia. Da allora, Eric e Manuel, sono in carcere. La scorsa settimana, in Corte d'Assise, è iniziato il processo a Morisciano. Per i Romano (Eric e il padre Claudio, ex assessore a Giaveno), udienze a porte chiuse. Ampio servizio su L’Eco del Chisone in edicola, disponibile anche in versione digitale.
Caso Finpiemonte: arrestato Fabrizio Gatti, presidente dell'hockey torrese
La Guardia di Finanza di Torino ha eseguito questa mattina tre ordinanze di custodia cautelare in carcere e quindici perquisizioni nell'ambito dell'inchiesta Finpiemonte, la finanziaria della Regione Piemonte. Tra gli arrestati l'ex presidente Fabrizio Gatti, accusato di peculato. L'inchiesta sulla finanziaria della Regione Piemonte, avviata nei mesi scorsi da una denuncia del professor Stefano Ambrosini, attuale presidente di Finpiemonte, parla di ammanchi milionari. Ad occuparsene è il pm Francesco Saverio Pelosi, del gruppo 'pubblica amministrazione'. Gatti, grande appassionato di hockey su ghiaccio, ricopre la presidenza della squadra della Valpeagle e della Cooperativa Filatoio 2440.
Gli accertamenti riguardano, in particolare, una serie di bonifici effettuati a soggetti terzi privi di apparente giustificazione. Oltre ad un investimento, un fondo di 50 milioni gestito presso una banca svizzera, per tipologia e rischiosità difforme alle policies della società. «Fatti molto gravi ove accertati» aveva affermato nei mesi scorsi il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, che ha assicurato "piena collaborazione" all'autorità giudiziaria ed emesso questa mattina un comunicato sull'inchiesta Finpiemonte, disponibile all'indirizzo: http://www.regione.piemonte.it/pinforma/istituzioni/1946-inchiesta-finpi...
(Foto Allaix)
Finpiemonte: il comunicato del Procuratore Spataro
Questo il testo del comunicato stampa della Procura di Torino, a firma del Procuratore Armando Spataro.
"Nella mattinata odierna il Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Torino ha eseguito, nell’ambito dell’indagine su Finpiemonte s.p.a., tre ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Torino, su richiesta della Procura della Repubblica, a carico dell’ex Presidente di Finpiemonte e di due amministratori di società private, per il reato di concorso in peculato continuato ed aggravato dal danno patrimoniale di rilevante gravità (artt. 110, 81 cpv., 314, 61 n. 7 c.p.).
L’attività investigativa ed il provvedimento cautelare, in particolare, hanno ad oggetto l’appropriazione da parte dell’ex Presidente di Finpiemonte S.p.A. della somma di circa 6 milioni di euro di denaro pubblico. Questa somma è stata trasferita, attraverso tre bonifici bancari, da un conto corrente intestato a Finpiemonte e acceso presso una banca svizzera, in favore di due società amministrate da alcuni soggetti privati, a lui strettamente legati da rapporti di affari ed il cui contributo è stato determinante per portare a termine il programma criminoso. Contestualmente è stato disposto il sequestro preventivo di tutti i beni, mobili e immobili, intestati agli indagati e alle società coinvolte nel peculato, per un importo complessivo corrispondente alla somma sottratta a Finpiemonte. Le indagini, volte ad accertare eventuali responsabilità penali di altri soggetti nella vicenda in esame, sono tuttora in corso".
Il caso Gatti scuote la Val Pellice e il mondo dell'Hockey
Grande appassionato di montagna e di Hockey, Fabrizio Gatti ha fortissimi legami con la Val Pellice. Non solo (che sarebbe già tanto) perchè è presidente della ValpeEagle, come anni fa lo fu della Valpe, ma anche perchè la famiglia materna, imparentata con il famoso filosofo Geymonat, ha orgini torresi. Non possono quindi non scuotere le sue vicissitudini giudiziarie, quelle che venerdì scorso l'hanno portato in carcere. È accusato di peculato nell'ambito dell'inchiesta Finpiemonte, di cui fu presidente dal 2014 al 2017. Lui si è sempre dichiarato innocente e l'ha fatto pure nel lungo interrogatorio di garanzia che si è tenuto questa mattina in Tribunale. Nella foto, Gatti al Palaghiaccio di Torre. Ampio servizio su L'Eco del Chisone da domani in edicola, disponibile anche in versione digitale.
Stalking su barista di S. Secondo: il poliziotto imputato, «sono innocente»
Accuse da far venire i brividi, quelle a cui Massimiliano Conte, agente della Stradale di Torino oggi sospeso dal servizio, è chiamato a rispondere. Stalking, diffamazione e danneggiamenti nei confronti di Marcello Paschetta e del suo locale, L'Infinito Café di Via Val Pellice a S. Secondo. Nel capo d'imputazione del poliziotto 32enne (che per la sconcertante vicenda dei volantini infamanti finì pure in cella) c'è anche la ricettazione. Insomma, Conte aveva di che chiarire. L'ha fatto la scorsa settimana, consegnando a magistrati e avvocati la sua versione. Ha chiesto di essere sottoposto ad esame per lanciare un messaggio: «Non sono colpevole». In altri termini, Conte ha respinto al mittente (che poi sono i magistrati) ogni addebito. L'ha fatto in un mix di spavalda arroganza e compiaciuta ironia. D'altra parte, come ha sentenziato la Corte costituzionale, ricordiamo che «l’imputato non solo gode della facoltà di non rispondere, ma non ha nemmeno l’obbligo di dire la verità». Nella foto, il bar di Paschetta e il vicino "Salento di Mary" (oggi chiuso) gestito dalla moglie del poliziotto. Ampio servizio su L'Eco del Chsione in edicola, disponibile anche in versione digitale.
Indiano maltrattato: processo d'appello per due allevatori di Macello
La storia di Guruseb Singh, per tutti Vicky, aveva commosso e indignato. Era finita pure sulle cronache nazionali, sia nell'immediatezza dei fatti sia quando Susanna Camusso lo chiamò sul palco di un convegno della Cgil a portare la sua testimonianza. Nell’autunno 2015 aveva denunciato gli allevatori di Macello Livio e Valter Rol, per i quali aveva lavorato come mungitore per un anno e mezzo: tutti i giorni, tutto l'anno. Per casa un container da cantiere. Aveva raccontato di essere stato malmenato ed insultato perché aveva rifiutato di firmare “un foglio in bianco”. Pm e giudice gli avevano creduto e i fratelli Rol il 17 maggio 2016 furono condannati. Domani, venerdì 4, il processo d’appello. Tutti i particolari su l'Eco del Chisone in edicola, disponibile anche in versione digitale. Nella foto, Vicky con Susanna Camusso.
Macello, mungitore maltrattato: condannati anche in appello gli allevatori
Pochi minuti fa il processo d’appello davanti alla seconda sezione penale (presidente Mario Amato, a latere i giudici Monica Giordani e Federica Bompieri) ha confermato la condanna a un anno di reclusione per i due allevatori di Macello Livio e Valter Rol. Erano accusati di maltrattamenti e lesioni aggravate nei confronti di Guruseb Singh, per tutti Vicky, giovane mungitore indiano che per loro aveva lavorato per un anno e mezzo nella cascina di Regione Gaido a Macello. In secondo grado, confermato pure il risarcimento di 20mila euro, stabilito in primo grado nel maggio 2016. Il difensore dei fratelli Rol, avv. Luca Paparozzi, ha già anticipato il ricorso in Cassazione. Grande soddisfazione per la parte civile, rappresentata dall'avv. Marco Ottino della Cgil, che ha commentato sinteticamente: «Giustizia è stata fatta». Tutti i particolari su L'Eco del Chisone in edicola mercoledì, disponibile anche in versione digitale. Nella foto, Vicky con Susanna Camusso.
Omicidio dell'Aquila: oggi in aula i biker "non ricordano"
Intanto due premesse fondamentali. Primo: massimo rispetto e massima solidarietà per le vittime e le loro famiglie. Secondo: massima riprovazione per la scellerata (permetteteci il termine) decisione di tornare là dove tutto ha avuto inizio, vale a dire l'Alpe Colombino, sulle alture di Giaveno. Detto questo, non sarà certo l'udienza di oggi che aiuterà a far chiarezza su quanto è successo, nella notte tra il 12 e il 13 gennaio dello scorso anno, davanti all'Hotel ristorante Aquila. Qui scoppiò una violenta rissa e ad avere la peggio fu Alessandro Gino, il biker 47enne degli Hells Angel, colpito da un proiettile e poi morto dopo una settimana di agonia. A terra rimase pure Pierluigi Ozzello, con una gamba fratturata. Sul banco degli imputati oggi siedono in tre, tutti residenti a Giaveno, accusati di omicidio premeditato in concorso e tentato omicidio. Due di loro, Eric e il padre Claudio Romano hanno scelto il rito abbreviato, che arriverà a sentenza il 5 giugno. Il terzo è Manuel Morisciano, cugino di Eric e anche lui poco più che ventenne (entrambi, da allora, sono in carcere alle Vallette). Per lui il processo si sta svolgendo in rito ordinario in Corte d'Assise a Torino ed oggi si è tenuta la terza udienza. Lunghissima udienza: iniziata alle 10 e terminata che erano quasi le 15,30.
Sono sfilati davanti ai giudici (presidente la giudice Alessandra Salvadori) cinque motociclisti. Tutti ormai ex membri degli Hells Angel (la sezione torinese, che aveva sede proprio all'Aquila e che ormai non esiste più perchè i suoi aderenti, dopo quei tragici fatti, hanno abbandonato il club). Il primo teste è stato il suo ex presidente. Unico dei cinque che pareva ricordare quanto successe quella notte. Gli altri, chi per un motivo chi per un altro e nonostante siano trascorsi appena 16 mesi, avevano scordato tutto. O quasi. Testimoni "smemorati" che non hanno permesso alla Corte di fare un passo in avanti nell'accertamento della verità. Purtroppo, perchè senza verità non c'è giustizia. Quella che Procura, giudici (togati e non) e avvocati stanno cercando di mettere a fuoco. Quella che si deve alla famiglia Gino, ma anche agli imputati, che rischiano l'ergastolo, e alle loro famiglie. Vergognosamente, oggi è stata solo una sfilza di "non ricordo": a partire dal primo diverbio (o quanto meno ricostruito come tale) tra i biker e i giovani giavenesi, che lassù erano saliti per sgommare con l'auto. Oblio che non fa onore, davvero, a nessuno. Prossima udienza il 24 maggio. C'è da sperare che qualche tassello in più venga aggiunto. Ampio servizio sul numero in edicola il prossimo mercoledì.
Omicidio dell'Aquila: nel processo Morisciano la giudice striglia i biker
«Sembra che qui tutti abbiano fatto una cura di smemorina: non stiamo giocando, questa non è una sfilata. Siamo in Corte d’Assise e c’è un imputato che rischia l’ergastolo». Persino la presidente della giuria, giudice Alessandra Salvadori, giovedì scorso, 24 maggio, ha perso la pazienza. «È morto un vostro compagno, perchè non avete il desiderio di fare chiarezza?»., ha chiesto dopo l'ennesimo motociclista che nulla ricorda di quanto successo nella tragica notte del 12 gennaio 2017 nel piazzale dell'Hotel-Ristorante Aquila (nella foto), sulle alture dell'Alpe Colombino, quando un biker degli Hells Angels fu ferito mortalmente da un colpo di pistola e un altro restò a terra con una gamba fratturata. Sul banco degli imputati c'è Manuel Morisciano, ventenne di Giaveno. Da allora è in carcere. Come il cugino Eric Romano, mentre il padre di ques'ultimo (Claudio) è ai domiciliari. Ampio servizio su l'Eco del Chisone da oggi in edicola, disponibile anche in versione digitale.
Pinerolo, processo Costantino: il tributarista infedele condannato a 4 anni e 10 mesi di reclusione
Quattro anni e 10 mesi di reclusione: questa la pena stabilita questa mattina dalla giudice Odilia Meroni per Beniamino Costantino, noto tributarista e consulente del lavoro dei Pinerolo. Il pm Ciro Santoriello aveva chiesto poco di più: per l'esattezza 5 anni. Il ragioniere (ormai può vantare solo questo titolo) era chiamato a rispondere di appropriazione indebita, truffa aggravata ed evasione fiscale. Un punto quest'ultimo, per cui è stato assolto "perchè il fatto non sussite", come chiesto peraltro anche dalla Procura, perchè il titolare dello Studio di C.So Torino non era lui ma la collega Silvia Tonelli (anche lei imputata ed in attesa di sentenza, questa volta con rito abbreviato). Questa mattina Costantino è stato pure condannato a pagare una multa di 2.950 euro, a rifondere le spese processuali e, soprattutto, a versare centinaia di migliaia di euro ai tanti ex clienti che l'avevano denunciato e portato in giudizio. La giudice ha infatti riconosciuto a tutte le parti civili gli esatti importi richiesti dai rispettivi legali. Insomma, sentenza pesantissima arrivata al termine di un procedimento concluso dalla Meroni in tempi davvero rapidi (la prima udienza si era tenuta il 15 novembre scorso). «Andremo in Appello», si limita ad anticipare il difensore, avv. Simonetta Piras. Per Costantino, che in aula continua a non presentarsi, non è però finita: giovedì 21 giugno è attesa la sentenza relativa ad un altro procedimento a suo carico. Qui si parla di false fatture e imposte evase per oltre un milione di euro. Nella foto, il Tribunale di Torino.
Il Governo giallo-verde riaprirà il Tribunale?
"Occorre una rivisitazione della geografia giudiziaria - modificando la riforma del 2012 che ha accentrato sedi e funzioni - con l'obiettivo di riportare tribunali, procure ed uffici del giudice di pace vicino ai cittadini e alle imprese": è scritto così nel contratto di Governo siglato da 5Stelle e Lega. Poche frasi, che però hanno riacceso le speranze di molti. Il tribunale di Pinerolo, caduto nel 2013 sotto i colpi del decreto legislativo n. 155, tornerà in vita? Lo sperano in tanti. «Attendo qualche settimana poi andrò a Roma a chiedere conto di quanto scritto nell'accordo», dice il sindaco Luca Salvai, pronto a mettersi in prima linea per la riapertura degli uffici giudiziari di Via Convento di S. Francesco. C'è da sperare che il "giallo-verde" porti meglio del "rosso". Ampio servizio su L'eco del chisone da oggi in edicola. Disponbile anche in versione digitale.
Omicidio dell'Aquila: scarcerato Manuel Morisciano
Dopo 17 mesi di carcere, Manuel Morisciano può finalmente tornare nella sua casa di Giaveno e da qui attendere la prosecuzione del processo a suo carico. La giudice Alessandra Salvadori, presidente della Prima Corte d’Assise davanti a cui si sta celebrando il dibattimento, ha infatti concesso al giovane gli arresti domiciliari, come richiesto dai suoi difensori Giampaolo Zancan e Andrea Cianci. Un provvedimento che ha visto il parere negativo della Procura (pm Smeriglio) e l’opposizione delle parti civili. Resta in carcere invece Eric Romano che, come il cugino Manuel e il padre Claudio, è accusato dell’omicidio del motociclista Alessandro Gino e del ferimento di Pierluigi Ozzello, anche lui aderente al Club degli Hells Angel. La vicenda è quella della sparatoria avvenuta nel parcheggio dell’Hotel Ristorante Aquila (nella foto), sulle alture di Giaveno, nella notte tra il 12 e il 13 gennaio dello scorso anno. Martedì prossimo, davanti al gup Alfredo Toppino, è prevista la sentenza a carico dei Romano (difesi dagli avv. Fantini e Tizzani). Quanto a Morisicano il procedimento, in Corte d'Assise, prosegue lunedì 18, per poi continuare il 6 e 10 luglio.
Stalking su barista: per il poliziotto, il pm chiede una condanna a 5 anni e 9 mesi
La Procura non ha dubbi: Massimiliano Conteè colpevole di tutti i reati "a lui ascritti”. Colpevole, soprattutto di aver «rovinato per sempre la vita di tre persone, tra cui un minore». Colpevole perché ha attuato il suo disegno criminale con «pervicacia e lucidità, dimostrando disprezzo per la vita degli altri». Non usa mezzi termini il pm Ruggero Mauro Crupi per sintetizzare le ragioni per cui Conte, 32enne agente della Polstrada di Torino (oggi sospeso dal servizio) va condannato per aver diffamato e stalkizzato Marcello Paschetta, titolare dell’Infinito Café di Via Val Pellice a S. Secondo, per aver danneggiato a più riprese il suo locale, e per aver detenuto in casa documenti di dubbia provenienza (alcuni anche proventi di furto). Per tutto questo, al termine di una requisitoria durata poco più di un’ora e mezza, oggi Crupi ha chiesto una pena di 5 anni e 9 mesi di reclusione. «Invoco severità perché quello che ha fatto Conte è gravissimo». Martedì 26 giugno tocca alla parte civile (avv. Michela Malerba) e poi ai difensori, avv. Stefano La Notte e Maria Paola Scorrano. Vedremo se la giudice Paola Rigonat già in quella sede arriverà a sentenza. Nella foto il Tribunale di Torino.
Giaveno, omicidio dell'Aquila: condannati Eric e Claudio Romano
Dopo circa 3 ore di Camera di Consiglio, il giudice Alfredo Toppino oggi ha confermato le pene richieste dalla Procura per Eric Romano e il padre Claudio, ex assessore di Giaveno: 18 anni di reclusione al primo, due in meno al secondo, già ridotti di un terzo per effetto del rito abbreviato scelto da entrambi. Erano accusati dell’omicidio di Alessandro Gino, 47 anni, biker degli Hells Angels colpito alla testa dal frammento di un proiettile calibro 40 sparato dalla pistola semiautomatica "Glock" impugnata da Eric la notte del 12 gennaio dell'anno scorso nel parcheggio dell'Hotel Aquila, sulle alture dell'Alpe Colombino. Per il terzo imputato, Manuel Morisciano, 21enne cugino di Eric, il processo prosegue invece in Corte d'Assise. Il giovane dalla scorsa settimana ha ottenuto i domiciliari. Ampio servizio su L'eco del chisone in edicola domani, disponibile anche in versione digitale. Nella foto, la madonnina con la foto del biker ucciso, posta a fianco a quella che era la sede del Club degli Hells Angel, all'Aquila.
Il procuratore Spataro: «Nessuna cricca o struttura parallela in Procura a Torino»
“Cricca o struttura parallela" sono "espressioni generalizzanti, improprie ed offensive per l’intera Procura della Repubblica di Torino, cioè di un ufficio che si è distinto e si distingue per la propria efficace azione contro ogni tipo di criminalità, oltre che per il suo trasparente assetto organizzativo". È questo un passaggio del comunicato stampa (che alleghiamo intergrale) diramato dal Procuratore Armando Spataro che risponde così alle notizie di stampa relative ad una complessa indagine condotta dai pm Pelosi, Locci e Toso su una presunta rete di favori che vedrebbe implicati, per corruzione in atti giudiziari, anche un avvocato e un appuntato della polizia giudiziaria insieme ad altre cinque persone. "L'inchiesta, dopo lunghe e delicate indagini, è pervenuta alla sua fase conclusiva - prosegue il comunicato - con notifica alle parti interessate dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis c.p.p., emesso il 18 giugno 2018".
La complessa vicenda tocca anche il Pinerolese in quanto alcune delle parti in causa, vedremo se e con quali responsabilità, sono tra i protagonisti di un processo attualmente in corso in Tribunale a Torino: quello al poliziotto Massimiliano Conte, accusato di stalking al barista (nonchè suo ex vicino di casa) Marcello Paschetta, titolare dell'Infinito Café di Via Val Pellice a S. Secondo. In questa torbida storia, come in una sorta di film parallelo e ribaltato, troviamo alcuni dei nomi oggi iscritti al registro degli indagati nel ben più ampio fronte relativo all'inchiesta su cui Spataro ha quest'oggi fornito alcune precisazioni: il noto avv. penalista Pierfranco Bertolino, ex difensore di Paschetta, l'appuntato dei Carabinieri Renato Dematteis, cognato del barista, e lo stesso Paschetta. Senza dimenticare che il pm Padalino, che lo scorso anno si occupò delle indagini che portarono all'arresto di Conte (il 4 luglio) è sotto procedimento disciplinare davanti al Csm per presunte violazioni disciplinari. Saranno invece i magistrati milanesi a valutare se le condotte del loro collega, ora in servizio ad Alessandria, possano configuare o meno responsabilità di natura penale. Quanto al processo Conte, martedì 26 è attesa la discussione della parte civile e dei difensori dell'agente della Polstrada (oggi sospeso dal servizio e con obbligo di dimora a Tuglie, nel Leccese).
Sparatoria dell'Aquila: assolto Manuel Morisciano dall'accusa di omicidio
Assolto per non aver commesso il fatto: si è concluso poco fa in Corte d'Assise, dopo poco più di tre ore di Camera di Consiglio, il processo a carico di Manuel Morisciano, il giovane giavenese accusato dell'omicidio premeditato del biker Alessando Gino, colpito da un proiettile il 12 gennaio dello scorso anno sul piazzale dell'Hotel Aquila e morto una settimana più tardi. Quanto al ferimento di un secondo motociclista, Pierluigi Ozzello, la corte (presidente la giudice Alessanda Salvadori) ha derubricato l'imputazione iniziale di tentato omicidio in lesioni colpose, condannandolo a un anno e 5 mesi (esattamente quanto il giovane ha già scontato alle Vallette) più risarcimento danni per complessivi 85mila euro. Un verdetto che in pochi avrebbero osato sperare, nonostante l'impegno massimo dei difensori Zancan e Cianci, che ha completamente ribaltato le conclusioni cui la Procura era giunta e che venerdì scorso avevano portato il pm Smeriglio a chiedere ben 24 anni di carcere. Motivazioni tra 90 giorni. Zancan: «Una sentenza giusta, tardivo riconoscimento dell'estraneità totale di Manuel Morisciano rispetto alla morte del povero Alessandro Gino». Cianci: «La Corte d'Assise, all'esito di un'istruttoria dibattimentale accuratissima, ha accolto in pieno la nostra linea difensiva. La sentenza di assoluzione con formula piena rispetto al più grave reato di omicidio, soddisfa le esigenze di giustizia». Il 22enne, attualmente ai domiciliari nella sua casa di Giaveno, torna così a tutti gli effetti in libertà. La Corte gli ha pure concesso il beneficio della non menzione nel certificato del casellario giudiziale. Su L'Eco del Chisone in edicola domani, ampio approfondimento.
Stalking sul barista, condannato il poliziotto a due anni e sei mesi
Due anni e sei mesi di reclusione. È questo il verdetto emesso pochi minuti fa dalla giudice Paola Rigonat (Quarta sezione Penale del Tribunale di Torino) a carico del poliziotto 32enne Massimiliano Conte, chiamato a rispondere di stalking, diffamazione e danneggiamenti nei confronti del barista Marcello Paschetta, titolare dell'Infinito Café di via Val Pellice a S. Secondo di Pinerolo. Accuse cui si aggiungeva la ricettazione: imputazione che la giudice oggi ha stralciato, decidendo di trasmettendo gli atti alla Procura per valutare la più grave accusa di peculato.
Per queste pesantissime accuse la Procura, pm Ruggero Mauro Crupi, aveva chiesto la condanna complessiva a 5 anni e 9 mesi di reclusione (2 anni e un mese per la sola ricettazione) considerando l'agente colpevole di tutti i reati "a lui ascritti". «Contro Conte non ci sono prove, solo indizi, e neppur coerenti e concordanti. Noi, al contrario, abbiamo portato prove della sua innocenza - avevano invece sostenuto i difensori Stefano La Notte e Maria Paola Scorrano nell'arringa del 26 giugno, invocandone ll'assoluzione - Conte è uno che abbaia, Paschetta è uno che morde».
La giudice non è stata dello stesso avviso, aggiungendo alla reclusione anche una provvisionale di 10mila euro sui risarcimenti alle parti civili (5mila a Marcello Paschetta e 5mila alla moglie, da definire poi in separato giudizio) più il pagamento delle spese processuali. La Rigonat non ha invece menzionato eventuali pene accessorie, quali l'interdizione dal servizio, a carico dell'agente della Polstrada di Torino attualmente sospeso dall'incarico. Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 90 giorni. «Leggeremo le motivazioni e valuteremo il ricorso», ha commentato l'avv. La Notte.
Intanto c'è la soddisfazione della famiglia di Marcello Paschetta (anche oggi presente in aula) che dopo un anno e mezzo di puro dolore può tirare un sospiro di sollievo. «Il giudice ha considerato fondate le prove che abbiamo portato in giudizio», ha dichiarato a caldo il legale di parte civile, avv. Michela Malerba.
Nella foto, l'Infinito Café e l'attiguo Salento di Mary, il piccolo locale specializzato in prodotti pugliesi, ora chiuso da tempo e in vendita, di cui era titolare la moglie del giovane poliziotto. Sul prossimo numero de L'Eco del Chisone, in edicola 18 luglio, ampio servizio.
Pinerolo, processo Costantino: il tributarista infedele condannato a 4 anni e 10 mesi di reclusione
Quattro anni e 10 mesi di reclusione: questa la pena stabilita questa mattina dalla giudice Odilia Meroni per Beniamino Costantino, noto tributarista e consulente del lavoro dei Pinerolo. Il pm Ciro Santoriello aveva chiesto poco di più: per l'esattezza 5 anni. Il ragioniere (ormai può vantare solo questo titolo) era chiamato a rispondere di appropriazione indebita, truffa aggravata ed evasione fiscale. Un punto quest'ultimo, per cui è stato assolto "perchè il fatto non sussite", come chiesto peraltro anche dalla Procura, perchè il titolare dello Studio di C.So Torino non era lui ma la collega Silvia Tonelli (anche lei imputata ed in attesa di sentenza, questa volta con rito abbreviato). Questa mattina Costantino è stato pure condannato a pagare una multa di 2.950 euro, a rifondere le spese processuali e, soprattutto, a versare centinaia di migliaia di euro ai tanti ex clienti che l'avevano denunciato e portato in giudizio. La giudice ha infatti riconosciuto a tutte le parti civili gli esatti importi richiesti dai rispettivi legali. Insomma, sentenza pesantissima arrivata al termine di un procedimento concluso dalla Meroni in tempi davvero rapidi (la prima udienza si era tenuta il 15 novembre scorso). «Andremo in Appello», si limita ad anticipare il difensore, avv. Simonetta Piras. Per Costantino, che in aula continua a non presentarsi, non è però finita: giovedì 21 giugno è attesa la sentenza relativa ad un altro procedimento a suo carico. Qui si parla di false fatture e imposte evase per oltre un milione di euro. Nella foto, il Tribunale di Torino.